L'ultima edizione completa della Historia philosophos dello pseudo-Galeno è quella di H. Diels nei Doxographi Graeci (1879, 597-648), preceduta da un saggio preliminare nella Dissertazione dottorale (1870). L'interesse di Diels per l'opera derivava dal fatto che nella sua seconda parte (cap. 25-133) sono riprodotti diversi capitoli dei Placita dello pseudo-Plutarco, un opuscolo indispensabile per la ricostruzione dei cinque libri perduti nella loro redazione originale di Aezio (vissuto tra I e II sec. d.C.). Il lavoro di Diels, prodotto eccellente dell'attività filologica del giovane studioso, è ormai indubbiamente invecchiato e non solo in considerazione reperimento di nuovo materiale manoscritto.
A una riedizione (sebbene parziale) della Historia philosophos è dedicato il volume di Mareike Jas, redazione rivista e ritoccata della sua Dissertazione monacense (2015). La studiosa prende l'avvio dalla traduzione latina di Niccolò di Reggio (datata al 1341) che conosciamo unicamente grazie all'edizione cinquecentina di H. Surianus (Venezia 1502), una cui riproduzione fotografica è riproposta alla fine del volume (tavole 1-9).
La Jas si occupa dei capitoli 25-133 della Historia philosophos e di questi ripropone solo l'edizione dei 94 capitoli tradotti da Niccolò, il quale ebbe a disposizione un modello greco apparentemente lacunoso.
Precede una dettagliata introduzione (11-76) i cui risultati principali Jas aveva già riassunti nell'articolo Toward a Better Text of Ps.Plutarch's Placita Philosophorum: Fresh Evidence from the Historia philosopha of Ps.Galen, in J. Mansfeld - D.T. Runia, Aëtiana IV, Leiden/Boston 2018, 130-155.
Dopo avere indagato la recezione latina del Corpus Galenicum, soffermandosi sulle numerose traduzioni di Galeno preparate da Niccolò di Reggio con una attenzione particolare rivolta al suo metodo e alle sue tecniche versorie, Jas studia la struttura e la forma della Historia philosophos e i suoi rapporti con i Placita pseudo-plutarchei (15-33). La sezione più cospicua e importante dell'introduzione consiste comunque nelle pagine (34-76) consacrate alla versione di Niccolò caratterizzate da un forte e rinnovato interesse per i manoscritti greci della Historia philosophos alla ricerca anche del modello utilizzato dal traduttore latino. I risultati sono sintetizzati, tappa per tappa, grazie a diversi stemmi parziali e soprattutto ai due finali completi (65-71). Per la propria edizione del testo greco, Jas ha avuto accesso a sei codici nessuno dei quali corrisponde a quello passato fra le mani di Niccolò. Quattro codici risultano indipendenti, mentre gli altri due sono copie dei precedenti. La traduzione latina (siglata N), della quale non restano esemplari manoscritti, deriva da un modello perduto (siglato ν). Tutti questi testimoni greci risalgono a un archetipo medievale (ω) e si distribuiscono in due rami (α e β). La scoperta del secondo ramo (β), al quale sarebbe appartenuto il modello di Niccolò (ν), che ebbe tuttavia accesso anche al capostipite β, è senza dubbio il risultato più innovante della ricerca. Grazie al contributo di questo nuovo ramo, Jas riesce a stabilire un testo greco della 'Historia philosophos' che si distingue in più punti da quello di Diels.
Se gli elementi che portano alla ricostruzione del ramo α appaiono convincenti, là dove sarei più perplesso è sulla effettiva necessità di postulare l'esistenza del secondo ramo (β), che Jas ricostruisce essenzialmente sul fondamento del testo della traduzione latina di Niccolò conservata nell'edizione a stampa del 1502. Il rischio che questa operazione presenta è grande. È ben difficile in effetti determinare se veramente e fino a che punto l'edizione cinquecentina riproduca in maniera fedele uno stato del testo della traduzione di Niccolò e se e quanto quel testo sia vicino al suo modello 'originale' e quindi senza troppi errori, omissioni, rimaneggiamenti, interpolazioni e modernizzazioni. Questi leciti dubbi indeboliscono in parte almeno il ragionamento e i criteri applicati dalla Jas per ricostruire il presunto esemplare greco della traduzione latina e di conseguenza il capostipite del secondo ramo della trasmissione della Historia philosophos. È evidente che prima di esprimersi in maniera più esplicita e proporre alternative è necessaria una ulteriore serie di indagini e approfondimenti che non è possibile sviluppare in questa sede. Per il momento mi accontento di sottolineare che, se l'esistenza di un secondo ramo (β) è ben probabile per il De motu animalium di Aristotele (come prova la recente edizione curata da O. Primavesi, Hamburg 2018), nel caso della Historia philosophos molte incertezze permangono ancora e un supplemento di indagine e di riflessione appare necessario.
La sezione principale del volume (77-450) consiste nell'edizione dei 94 capitoli greci della Historia philosophos tradotti in latino da Niccolò. Il testo greco che li accompagna, stabilito sulla base dell'insieme della tradizione manoscritta, è affiancato da una traduzione tedesca, dalla versione latina di Niccolò e dotato di puntuali apparati critici. Seguono i passi delle tradizioni parallele utili alla ricostruzione e alla comprensione dello scritto pseudo-galenico: i Placita dello pseudo-Plutarco, la traduzione araba di Qustā ibn Lūqā dei medesimi, estratti da Eusebio, dallo Stobeo, da Teodoreto e da diversi altri testimoni (un elenco completo a 72-76). Il ricchisismo commentario filologico rende infine conto dei numerosi problemi testuali relativi a ogni capitolo e giustifica le scelte testuali adottate. Brevi osservazioni conclusive (451-454) ripropongono infine i principali risultati raggiunti nel volume, completato (455-472) da una bibliografia, da un 'index locorum' e da un 'index nominum et rerum' (473-496).
Jass ha preso la decisione di spezzettare il testo della Historia philosophos capitolo per capitolo. È una scelta lecita, ma che avrei preferito evitare a favore di una edizione complessiva di quella parte dell'opera seguita o affiancata dalla traduzione latina di Niccolò.
Messe da parte le perplessità relative all'effettiva esistenza del ramo β della tradizione, quello che più appare fastidioso nel volume è la quantità impressionante di errori che pullulano soprattutto nelle pagine dei 'sigla' e della bibliografia, ma che si ripercuotono anche altrove. Cito solo a mo' d'esempio e perché riguardano nomi di persona i seguenti casi nella bibliografia: Marinone non Marione; A. Ph. Segonds non Alain Ph. S. (nel lemma Patillon, M. ecc.); Moraux, P. (1963): Quinta essentia e non Hanslik, R. ecc.; Steckel, H. (1968): Epikuros, non Neuman, A. R. ecc. Altri errori non altrettanto gravi, ma molesti sarà facile recuperare e correggere a un lettore attento.
L'edizione della Jas costituisce, per concludere, un contributo concreto alla comprensione della Historia philosophos e più in generale della tradizione dossografica e di Aezio, del quale dobbiamo esserle pienamente riconoscenti.
Mareike Jas: Nicolaus Rheginus als Übersetzer der pseudo-galenischen Schrift De historia philosopha. Ein Beitrag zur lateinischen Überlieferung des Corpus Galenicum (= Serta Graeca; Bd. 34), Wiesbaden: Reichert Verlag 2018, 507 S., zahlr. Tbl., 9 s/w-Abb., ISBN 978-3-95490-195-1, EUR 118,00
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