Gideon Maier: Amtsträger und Herrscher in der Romania Gothica. Vergleichende Untersuchungen zu den Institutionen der ostgermanischen Völkerwanderungsreiche (= Historia. Einzelschriften; Heft 181), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2005, 363 S., ISBN 978-3-515-08505-2, EUR 68,00
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Questa nuova monografia costituisce un significativo contributo allo studio delle istituzioni nel tardo impero nonché alla comprensione del fenomeno 'Völkerwanderung', nei suoi sviluppi di fine V / inizi VI secolo. Attraverso l'analisi sistematica di una notevole quantità di fonti, l'autore tratta in maniera organica un tema complesso, disperso in una mole di bibliografia, non facile da considerare nell'insieme in un unico libro.
Dopo una sezione introduttiva in cui chiarisce i suoi criteri metodologici, il Maier traccia un breve quadro della "Vorgeschichte der Ostgermanen". Segue lo studio approfondito delle istituzioni nei vari regni romano-germanici, della regalità e delle singole cariche, di cui l'autore tratteggia (e talvolta ricostruisce) le origini. La raccolta delle Variae, dal carattere anche giuridico, è un indispensabile punto di partenza per tale ricerca. La funzionalità delle istituzioni e le mansioni delle cariche sarebbero, infatti, difficilmente comprensibili in assenza dell'epistolario di Cassiodoro, causa soprattutto la carenza di fonti alternative. Pertanto, in relazione ai vari aspetti considerati nella sua monografia, il Maier pone in evidenza, come primo risultato, il contributo degli Ostrogoti all'Italia (e alle province annesse al regno): processo avviato e portato quasi del tutto a termine da Teoderico, nel corso del suo più che trentennale governo. In parallelo l'autore analizza le notizie di fonti contemporanee, prodotte nei regni visigotico, vandalico e burgundo, di cui egli abbozza le istituzioni.
L'analisi comparativa del materiale permette al Maier di definire meglio gli elementi di continuità fra impero occidentale e regni romano-barbarici, e al tempo stesso di porre in risalto quelli che furono i punti di rottura nelle singole ex-province dell'impero in tema di istituzioni. I risultati migliori emergono, grazie a una ricca documentazione, in relazione all'Italia ostrogota. Fermo restando che questo particolare regno non può veramente rappresentare un modello di confronto. L'Italia di Teoderico, infatti, costituisce un'eccezione dal punto di vista sia istituzionale che politico; per quanto non priva di un'impronta germanica, essa si differenzia notevolmente dagli altri regni. Al di là della complessa questione giuridica del riconoscimento degli Amali a Costantinopoli (su cui ad es. sarebbe stato utile J. Prostko-Prostyński, Utraeque res publicae. The Emperor Anastasius I's Gothic Policy (491-518), Poznań 1994), l'Italia tende a preservare le strutture amministrative e, soprattutto, è troppo legata all'impero; la vecchia Roma ha ancora un ruolo considerevole e proficuo è il dialogo fra l'antico senato e il palazzo ravennate (e non a caso dietro le situazioni di attrito, come quella che portò alla morte Boezio, Simmaco e il papa Giovanni I, si nascondono più complessi giochi di potere che coinvolgono regno, impero e Chiesa). È qui che, soprattutto, sopravvive un sistema centralizzato, là dove in altri regni tendono spesso a imporsi poteri e amministrazioni locali; è qui che viene preservato molto del vecchio assetto e che parte della legislazione imperiale è mantenuta, rielaborata, adattata alle nuove esigenze; è qui inoltre che, in parallelo all'editto teodericiano, si cerca di regolare i rapporti fra Romani e Goti in maniera da non intaccare i fondamenti economici e sociali. Sono questi, del resto, importanti motivi della ciuilitas di Teoderico (un tema particolarmente caro agli studiosi), la quale significa molto di più del riassetto economico ed edilizio dell'Italia e dei privilegi per i Romani; essa è anche il regolamento della convivenza fra i due popoli, dalla quale dipende l'equilibrio del regno. La situazione dell'Italia, insomma, non rispecchia quelle nordafricana, gallica e ispanica, per quanto non manchino - e di questo vi è chiara conferma nella monografia del Maier - interessanti coincidenze in tema di istituzioni.
Nel tentativo di definire i cambiamenti apportati dalle invasioni germaniche alle istituzioni romane, il Maier integra col suo libro una serie di studi paralleli - soprattutto in relazione al contesto italico -, più concentrati invece a porre in risalto la sopravvivenza della Romanitas nel periodo in questione. Particolarmente entusiasmante in proposito è il capitolo 4, dedicato allo studio della corte e dei vari uffici che a essa fanno riferimento (consiliarii, domestici, maiores domus, spatharii, comites). È qui che apprendiamo, da un'indagine sistematica e organica, come capillare fosse l'organizzazione delle corti germaniche, sebbene l'autore ponga meno in rilievo gli influssi romani a palazzo (specie nel caso di quello ravennate ostrogoto, di cui siamo meglio informati); ma ciò è comprensibile, considerati gli obiettivi della ricerca e la quantità di bibliografia sul tema. La lettura del Maier della regalità in termini 'germanici' non deve tuttavia contrastare (cfr. pag. 65, la critica a Wolfram) - al contrario, deve completare - quella più tradizionale, di una monarchia gotica tendenzialmente romanizzata, che una cospicua serie di studi ha ben posto in evidenza (per citarne uno, D. Kohlhas-Müller: Untersuchungen zur Rechtsstellung Theoderichs des Großen, Frankfurt a. M. 1995).
In parallelo ai vari cambiamenti apportati dalla 'Völkerwanderung' alle istituzioni, il Maier pone in risalto quelle strutture che sopravvivono all'impero. Si tratta di solidi blocchi delle colossali amministrazioni imperiali le quali, per quanto vecchie, non vengono completamente smembrate; esse, al contrario, sono spesso riadattate in maniera da rispondere efficacemente alle esigenze dei due popoli. Su tali strutture poggiano, o meglio si innestano i regna. Questo emerge soprattutto al capitolo finale della monografia (dedicato alla "Regionalverwaltung"), in cui appare chiaro come le nuove amministrazioni tendano, almeno in Italia, a sostenersi su quelle romane. Tali strutture sopravvivranno tuttavia solo parzialmente ai Goti, perché la riconquista bizantina, insieme a temporanea riunificazione dell'impero, significherà provincializzazione.
È così, nel complesso quadro degli studi sul Mediterraneo occidentale di V e VI secolo - che la monografia del Maier contribuisce ad arricchire -, che improvvisamente riappare agli occhi del lettore un aspetto di quella che fu la teoria (ormai spesso trascurata) dell'illustre Pirenne: i regni romano-germanici non segnano una vera cesura nel passaggio fra tarda antichità e alto medioevo; essi semmai, diremmo ora, costituiscono per molti aspetti una sorta di 'appendice' all'impero romano d'Occidente.
A prescindere da alcune piccole imprecisioni, che non mancano in nessun libro, è forse la scarsezza di bibliografia successiva al 1997, anno in cui il lavoro fu discusso (in forma di 'Dissertation'), che va posta in rilievo. Utile per la ricerca sarebbe ad esempio stato il succitato libro di Prostko-Prostyński, nonché quello di P. Amory: People and Identity in Ostrogothic Italy, 489-554, Cambridge 1997; inoltre il commento all'Anonimo Valesiano II di I. König: Aus der Zeit Theoderichs des Großen. Einleitung, Text, Übersetzung und Kommentar einer anonymen Quelle, Darmstadt 1997. Queste e altre mancanze non inficiano tuttavia la qualità del lavoro del Maier, che va consigliato a chiunque intenda affrontare uno studio sulle istituzioni di V e VI secolo, o che si occupi di 'Völkerwanderung'; un libro che può essere inteso anche - nel significato migliore del termine - quale manuale a uso pratico per ogni ricerca sull'età romano-babarica che interessi la storia istituzionale, quella politica e quella economica.
Massimiliano Vitiello