Marian Michèle Mulchahey (ed.): Girolamo Savonarola. Apologetic Writings, Cambridge, MA / London: Harvard University Press 2015, 419 S., ISBN 978-0-674-05498-1, EUR 19,95
Inhaltsverzeichnis dieses Buches
Buch im KVK suchen
Bitte geben Sie beim Zitieren dieser Rezension die exakte URL und das Datum Ihres Besuchs dieser Online-Adresse an.
Andrea Sommerlechner / Herwig Weigl (Hgg.): Innocenz III., Honorius III. und ihre Briefe. Die Edition der päpstlichen Kanzleiregister im Kontext der Geschichtsforschung, Wien: Böhlau 2023
Wolfgang Weiß (Hg.): Fürstbischof Julius Echter. Verehrt, Verflucht, Verkannt, Würzburg: Echter Verlag 2017
Stephan Reinke: Kurie - Kammer - Kollektoren. Die Magister Albertus de Parma und Sinitius als päpstliche Kuriale und Nuntien im 13. Jahrhundert, Köln / Weimar / Wien: Böhlau 2012
Rainer Bendel / Hans-Jürgen Karp: Bischof Maximilian Kaller 1880-1947. Seelsorger in den Herausforderungen des 20. Jahrhunderts. Unter Mitarbeit von Werner Christoph Brahtz, Münster: Aschendorff 2017
Peter D. Clarke / Anne J. Duggan (eds.): Pope Alexander III (1159-81). The Art of Survival, Aldershot: Ashgate 2012
Il volume raccoglie in traduzione inglese una parte di opere del corpus savonaroliano che mirano a difendere l'attività e l'ispirazione del frate. Come precisato nell'introduzione, si tratta di alcuni scritti latini dedicati all'autodifesa che, insieme alla pubblica predicazione volgare, costituiscono un dossier apologetico composto dallo stesso Savonarola nell'arco degli ultimi quattro anni di vita.
Gli scritti, proposti nel volume in ordine cronologico, sono i seguenti: cinque lettere ad Alessandro VI, scritte tra il 31 Luglio 1495 e il 13 Marzo 1498, poco prima di essere arrestato, l'ultima delle quali viene riportata in due versioni, una effettivamente spedita, e un'altra, mai inviata; la corrispondenza con il pontefice rappresenta bene la parabola discendente di un rapporto che, passo dopo passo, si configura come decisamente critico. Si trova poi una lettera del frate scritta alla fine di giugno del 1497 per difendersi dalle accuse contenute nella scomunica che Alessandro VI gli aveva lanciato il 13 maggio 1497: intesa come una lettera per i confratelli, questo scritto è una dimostrazione della mancanza di validità della scomunica stessa, basata su auctoritates come Pietro di Palude, Antonino Pierozzi e Jean Gerson.
Insieme alle lettere, la curatrice offre la traduzione dell'Apologeticus fratrum congregationis Sancti Marcii, scritto da Savonarola all'inizio del 1497, e del De veritate prophetica, un'opera in forma dialogica in cui Savonarola sostiene uno scambio diretto con alcuni interlocutori ideali, per dimostrare ancora una volta la sua innocenza di fronte alle accuse di Alessandro VI. Ricordiamo che nel 1495 Savonarola aveva scritto un'altra opera che possiamo considerare apologetica, cioè il Compendium revelationum, subito tradotto in volgare con il titolo di Compendio di rivelazioni. Il Compendium rispondeva ad un'esigenza che Savonarola aveva avvertito fin dall'autunno del 1494 quando, in occasione dell'ingresso in Italia di Carlo VIII di Francia, il suo ruolo in città era passato da quello di 'guida di anime' a quello di guida tout court, fortemente caratterizzato in senso politico. Girolamo, infatti, era uno dei quattro notabili fiorentini che incontrarono il re francese a Pisa, per scongiurare il pericolo del saccheggio della città; e fu ancora lui che tenne un'orazione di fronte a Carlo, che ne rimase fortemente impressionato. Il saccheggio e la distruzione furono evitati e Savonarola rivendicò la verità delle profezie che aveva elargito al popolo fiorentino prima di questi eventi. Il Compendium giungeva quindi a chiusura di un momento critico - per la città e per il frate - in cui c'era bisogno di consolidare i risultati ottenuti con le preghiere, le penitenze, e la buona volontà: le profezie di Savonarola erano autentiche, si erano puntualmente verificate, e nel Compendium egli decide di raccontare le sue visioni per filo e per segno, ivi comprese quelle che riguardavano l'arrivo di Carlo VIII, il 'novello Ciro'. Il De veritate prophetica, di qualche anno dopo, rappresenta la formulazione più matura e meditata della difesa della sua profezia, nonché una delle ultime testimonianze scritte: non tanto per il periodo di composizione, quanto per quello di pubblicazione e di diffusione, che coincise con l'arresto e l'esecuzione del frate. Nel dialogo, libro dopo libro, Savonarola affrontava ogni aspetto legato alla profezia, al suo ruolo di profeta e alle accuse che gli erano state mosse: un ultimo, disperato, tentativo che continuò a risuonare dopo la morte del frate, e a nutrire il folto gruppo di savonaroliani che portò avanti la sua memoria, a Firenze e non solo.
Le traduzioni sono state condotte sulla base della Edizione Nazionale delle Opere di Girolamo Savonarola, edita dalla casa editrice A. Belardetti di Roma, in particolare il volume Lettere e scritti apologetici (1984). Ci sono due eccezioni: il testo del De veritate prophetica è basato sull'edizione di C. Leonardi per la Sismel del 1997, e il testo della lettera del 20 Maggio 1497 è stato rivisto con l'edizione delle lettere savonaroliane del 1933, a cura di R. Ridolfi. La traduzione inglese risulta molto ben comprensibile anche per un pubblico non esperto del pensiero di Savonarola: del resto, anche il latino del frate era estremamente piano, e così risultano sia gli antichi volgarizzamenti, sia le moderne traduzioni.
Lorenza Tromboni