Rezension über:

Ulrike Ehmig: Donum dedit. Charakteristika einer Widmungsformel in lateinischen Sakralinschriften (= Pietas; Bd. 9), Gutenberg: Computus 2017, 244 S., ISBN 978-3-940598-35-6, EUR 68,00
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Rezension von:
Gian Luca Gregori
Dipartimento di Scienze dell'Antichità, Sapienza Università di Roma
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Gian Luca Gregori: Rezension von: Ulrike Ehmig: Donum dedit. Charakteristika einer Widmungsformel in lateinischen Sakralinschriften, Gutenberg: Computus 2017, in: sehepunkte 18 (2018), Nr. 1 [15.01.2018], URL: https://www.sehepunkte.de
/2018/01/30712.html


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Ulrike Ehmig: Donum dedit

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Il volume è il risultato di una ricerca iniziata nel 2011, nell'ambito di un più ampio progetto dal titolo "Epigraphic and Religious Habits in Latin Votive Inscriptions". U. Ehmig si propone di analizzare in maniera sistematica tutte le iscrizioni sacre latine che presentino la formula "donum dedit". Una indagine di quest'ampiezza è oggi possibile grazie alla banche dati epigrafiche e in effetti U. Ehmig riconosce i propri debiti in particolare nei confronti di quella Clauss/Slaby (EDCS), anche se per il ricco patrimonio epigrafico di Roma e dell'Italia sarebbe auspicabile consultare anche l'Epigraphic Database Roma (EDR) e per le province l'Epigraphic Database Heidelberg (EDH). Il dossier così costituito consta di circa 1500 iscrizioni, sparse per tutto il mondo romano e distribuite tra Repubblica e Impero (sul totale di circa 370.000 iscrizioni schedate nella banca dati EDCS).

Vari sono gli interrogativi che l'Autrice si pone; in particolare: quali sono le divinità destinatarie di doni? Chi sono i donatori? Quali i doni? Quali le ragioni dei doni (a parte ob honorem, che è la più motivazione più comune)?

Si tratta di un interessante tentativo di indagare, attraverso lo specifico linguaggio epigrafico del dono, il rapporto tra l'uomo e la divinità mediato attraverso il formulario più o meno standard delle iscrizioni. A parte quel poco che si trova scritto nei manuali di epigrafia latina, gli unici studi del genere, ben noti a U. Ehmig, risalgono a S. Panciera sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso, ma limitatamente al periodo repubblicano, e ancora prima a R. MacMullen (1981), che prese in esame un campione di iscrizioni greche e latine che precisavano i motivi del dono; l'Autrice stessa ha comunque fatto precedere il libro da alcuni articoli, a partire dal 2012, dove ha approfondito alcune tematiche specifiche dell'epigrafia sacra.

Il volume è diviso in due parti: la prima consta di 12 paragrafi; con l'esclusione del primo, di carattere introduttivo e metodologico sull'eterno interrogativo di quanto possano considerarsi rappresentative di un determinato fenomeno le iscrizioni a noi pervenute (domanda destinata a restare senza una risposta sicura), e dell'ultimo, che funge da conclusione (accompagnato da un utile e ampio abstract in inglese e in francese), negli altri paragrafi si cerca di dare una risposta ai vari interrogativi cui sopra ho fatto cenno. La nutrita bibliografia utilizzata per la ricerca funge da cerniera con la seconda e ben più ampia parte del volume, organizzata in 16 liste tematiche, con la schedatura delle iscrizioni censite, cominciando da una distinzione tra le iscrizioni d'età repubblicana e quelle d'età imperiale, tra Roma e Italia da una parte, province dall'altra (Liste 1-3), mettendo poi a confronto i dati raccolti con quelli relativi alla diffusione delle formule menzionanti lo scioglimento di voti (Liste 4-6). I risultati della ricerca sono presentati in ordine alfabetico di città e non per divinità, come forse sarebbe stato utile, mentre quando il criterio è quello cronologico le iscrizioni si susseguono anno per anno indipendentemente dalla provenienza dei documenti, con la conseguenza che le iscrizioni di una stessa località non si trovano una dopo l'altra e avendo deciso di trattare assieme tutte le province, si passa continuamente da una provincia all'altra.

Scorrendo la lunga Lista 8 con gli elenchi delle divinità destinatarie di doni (più di 150), precede Roma, vengono poi le città d'Italia in ordine di regione e quindi le altre comunità senza indicazione della provincia d'appartenenza. Le divinità si susseguono secondo il numero delle occorrenze epigrafiche relative all'offerta di doni. Dominano Silvano, Giove eol Ercole: il dato è in realtà poco significativo e comunque rischia di essere sovrarappresentato per quanto riguarda la tematica dei doni, in quanto si tratta in assoluto delle divinità che in età imperiale godevano del maggior favore da parte dei fedeli; Giove in quanto dio principale del pantheon, padre degli dei e degli uomini; Silvano ed Ercole in quanto divinità dalla spiccata vocazione protettrice, sentite per questo come particolarmente vicine agli uomini nelle loro fatiche quotidiane. Ma in che misura si può veramente parlare di divinità destinatarie di dona, rispetto ad altre destinatarie preferibilmente di vota? (sarebbe quest'ultimo il caso di Saturno).

Per quanto riguarda la lista 13 dei donatori (divisi per categoria sociale d'appartenenza) il gruppo dei liberti rischia parimenti di risultare sovrarappresentato rispetto agli Imperatori (viene censita la sola dedica dell'obelisco al Sole da parte di Augusto: CIL, VI 701-702, su cui di recente P. Alberi Auber, in RPARA, 84, 2011-2012, 447-579; Idem, in RPARA, 87, 2014-2015, pp. 451-472), ma pure a senatori e cavalieri; anche per quanto riguarda la rappresentazione epigrafica dei liberti il fenomeno, come si sa, è generale. Per inciso, la categoria dei sacerdoti e dei donatori con funzioni sacrali risulta alquanto eterogenea, dal momento che funzioni sacerdotali o assimilabili a esse potevano essere rivestite da senatori, cavalieri, notabili municipali e perfino da liberti (come nel caso dei seviri Augustali qui menzionati accanto a XVviri sacris faciundis di Roma o a sacerdoti e flamini municipali). Per converso la sottorappresentazione epigrafica delle donne, che emerge anche da questo studio (solo il 10%), è fenomeno che si riscontra anche per altre categorie di iscrizioni.

Purtroppo la ricerca rischia di essere almeno in parte minata alle sue fondamenta. Infatti, solo in una minoranza di casi rispetto alle 1500 iscrizioni prese in considerazione, la formula indagata da U. Ehmig è stata incisa per esteso; in moltissimi casi essa è abbreviata alle sole iniziali d.d., per le quali oltre agli scioglimenti d(onum) / d(ono) d(edit); d(edit) d(edicavit); d(edit) d(onavit), che comunque presuppongono in maniera più o meno esplicita l'offerta di un dono, esiste la possibilità teorica che vadano intese talora come abbreviazione per contrazione di d(e)d(icavit) (il problema si pone soprattutto nel caso di edifici sacri, portici e grandi ambienti).

D'altra parte che valore va realmente attribuito alla constatazione che il 65% dei documenti viene da Roma e dall'Italia, rispetto ad esempio al solo 4% da Gallie e Germanie? Il patrimonio epigrafico di Roma e dell'Italia complessivamente è infatti tale da alterare qualsiasi tipo di statistica.

Nel complesso va comunque riconosciuto a U. Ehmig il merito di aver riaperto le ricerche sul formulario delle iscrizioni latine di carattere sacro, sottoponendo a riflessione critica un gran numero di testi; alcuni dati sembrano ora acquisiti: la formula relativa allo scioglimento di un voto risulta epigraficamente molto più attestata delle espressioni di dono (circa 12000 contro 1500 attestazioni); inoltre, sotto il profilo cronologico, queste ultime presentano nell'epigrafia repubblicana un numero di riscontri maggiore rispetto alle formule di voto, che si farebbero più frequenti nei periodi di crisi.

Forse l'ampiezza dell'ambito sia cronologico sia geografico preso in considerazione ha impedito analisi più di dettaglio e d'altra parte l'assenza di un catalogo di testi (che avrebbe però fatto aumentare di molto il numero delle pagine) impedisce al lettore di seguire fino in fondo i ragionamenti di U. Ehmig e di verificare i risultati delle sue indagini.

Gian Luca Gregori