Kai Brodersen / Jaś Elsner (eds.): Images and Texts on the "Artemidorus Papyrus". Working Papers on P.Artemid. (St. John's College Oxford, 2008) (= Historia. Einzelschriften; Heft 214), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2009, 171 S., ISBN 978-3-515-09426-9, EUR 50,00
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Richard J. A. Talbert: Rome's World. The Peutinger Map Reconsidered, Cambridge: Cambridge University Press 2010
Richard J.A. Talbert / Richard W. Unger (eds.): Cartography in Antiquity and the Middle Ages. Fresh Perspectives, New Methods, Leiden / Boston: Brill 2008
Gerhard Rasch: Antike geographische Namen nördlich der Alpen. Mit einem Beitrag von Hermann Reichert: 'Germanien in der Sicht des Ptolemaios'. Hrsg. v. Stefan Zimmer unter Mitwirkung v. Hasso Heiland, Berlin: De Gruyter 2005
Il volume raccoglie gli atti di un colloquio organizzato da Kai Brodersen e Jaś Elsner presso il St. John's College di Oxford e dedicato al cosiddetto "Papiro di Artemidoro". Si tratta di una delle numerose iniziative sorte in seguito alla pubblicazione dell'editio princeps del papiro, [1] che, come era logico aspettarsi, ha contribuito ad alimentare il già acceso dibattito attorno a questo interessante documento.
L'attenzione verso il "Papiro di Artemidoro" è dovuta alla particolarità del suo contenuto. Appartenuto ad alcuni collezionisti privati, il papiro si trovava compresso in un Konvolut o cartonnage con altri 25 papiri documentari databili alla seconda metà del I secolo d.C., ed è stato oggetto di analisi e ricerche solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Il recto conserva tracce di una carta geografica, studi e disegni anatomici e alcuni testi geografici. Uno di questi, in particolare, mostra una stretta affinità con il frg. 21 dei Geographoumena di Artemidoro (II-I secolo a.C.), contenente la descrizione della penisola iberica, e ha determinato la denominazione del papiro. Il verso reca invece numerosi disegni di animali, reali e fantastici, accompagnati dal loro nome. Si tratta dunque di un documento straordinario, se non unico, di grande importanza per la ricostruzione della geografia, della storia naturale e della storia dell'arte nell'antichità. Non a caso, attorno al papiro è sorta negli ultimi anni un'aspra controversia circa la sua autenticità innescata da Luciano Canfora, che individua nel papiro l'opera del falsario ottocentesco Kostantinos Simonidis.
Dopo una breve premessa di Kai Brodersen (7-9), il volume presenta dieci interventi coerentemente ordinati sulla base delle specificità tematiche.
La prima sezione comprende alcuni saggi riguardanti il manufatto. Dirk Obbink rileva, in particolare, la complessità di genesi e composizione del papiro e osserva che la mappa sembra mostrare qualcosa di diverso dalla descrizione della Spagna contenuta nel testo della IV colonna. Egli suggerisce che il papiro sia frutto di un amalgama di materiali differenti prodotti da diverse professionalità (11-17).
Nel secondo saggio, Gideon Nisbet propone un'interessante inversione dell'ordine delle sequenze dei frammenti definito dagli editori. Secondo Nisbet, la prima sequenza sarebbe quella contenente la mappa, che andrebbe riferita a un delta fluviale e che doveva accompagnare un testo descrittivo di geografia regionale andato perduto. Non vi sarebbe dunque una relazione tra la mappa e le colonne di testo che la seguono. La sequenza si concluderebbe con i disegni di piedi, mani e volti, e a questi si collegherebbe direttamente la seconda sequenza, che inizia con due ritratti. In tal modo, egli propone una soluzione più razionale e conferma i dubbi esposti da Obbink sulla supposta relazione tra mappa e testo, suggerendo inoltre che il papiro fosse un prodotto non di lusso ma di comune fattura (19-22).
Nigel Wilson si interessa di alcuni aspetti paleografici riconducibili a un'eventuale falsificazione. Questa potrebbe essere opera non di uno ma di più falsari e l'intervento di contraffazione potrebbe avere riguardato solo una parte del papiro e non il suo complesso. Wilson si pone il problema di come agisce e, di conseguenza, di come riconoscere un falsario, notando, fra altre cose, che l'esagerata presenza di serifs nella scrittura del papiro rende assai probabile l'ipotesi dell'intervento di un copista che abbia avuto come modello i papiri ercolanesi. L'unica spiegazione alternativa, alquanto forzata, sarebbe quella di vedere nel documento l'esercizio di uno scriba ancora inesperto. In ogni caso, il papiro non può essere interpretato come una copia di lusso (23-26).
Secondo Peter Parsons, le analisi compiute sul papiro e la sua inserzione nel cartonnage dimostrano che il papiro è antico. Pertanto, di fronte all'ipotesi di una falsificazione, occorre chiedersi se e come il falsario si sia procurato un rotolo antico, se abbia mai utilizzato un inchiostro di fabbricazione antica, perché non abbia venduto il papiro e come mai questo sia finito nel cartonnage. Anche Parsons avvalora l'ipotesi di una diversa sequenza dei frammenti e spiega la diseguale disposizione delle colonne con l'intervento di uno scriba poco esperto. Egli fornisce indicazioni e confronti che attestano l'uso di particolari simboli e forma delle lettere nel periodo al quale daterebbe il papiro, tra I secolo a.C. e I secolo d.C. Infarcito di errori e di imperfezioni, e corredato da schizzi e scarabocchi, secondo Parsons il papiro non sarebbe frutto di un atelier professionale (27-33).
La seconda serie di saggi prende in considerazione le illustrazioni. Jaś Elsner ritiene che debbano essere considerate genuine. Esse colpiscono soprattutto per la varietà e la combinazione di temi e metodi, e sarebbero opera di un unico atelier, anche se forse di lavoranti diversi. Gli ampi spazi vuoti lasciati nel papiro indicherebbero che era prevista la loro inserzione (35-50).
Anche Gianfranco Adornato ritiene che l'iconografia sia antica e con puntuali confronti smantella l'ipotesi di una falsificazione moderna. A suo parere, i numerosi disegni di animali che compaiono sul verso potrebbero essere interpretati come esercizi rivolti agli allievi di una bottega (51-55).
Richard Talbert prende in esame la carta geografica disegnata sul papiro, che costituisce un elemento unico e straordinario, a causa della rarità delle testimonianze cartografiche antiche giunte fino a noi. L'incompletezza della carta, chiaramente non terminata, e la mancanza di sufficienti confronti, non consentono di dare una risposta ai numerosi dubbi che essa solleva. Rimane impossibile stabilirne le dimensioni, l'orientamento e la scala, l'eventuale colorazione, le cause stesse dell'incompletezza, il significato di gran parte dei simboli, o individuare la regione rappresentata. Nonostante tali incertezze, la mappa contribuisce, comunque, ad ampliare la comprensione dell'antica visione del mondo e del modo in cui era registrata (56-64).
Gli ultimi interventi riguardano invece il rapporto tra il testo della IV colonna e il frg. 21 di Artemidoro. Il saggio più importante e complesso è senza dubbio quello di Margarethe Billerbeck, con l'attenta disamina del testo del papiro in rapporto con i testimoni tardoantichi del frg. 21 di Artemidoro. Dopo un'interessante serie di confronti, la studiosa non si sbilancia tra l'ipotesi che vede nel testo del papiro l'originale di Artemidoro e quella per cui si tratterebbe di un falso ricavato dall'epitome dell'opera di Artemidoro realizzata da Marciano di Eraclea e nota tramite Stefano di Bisanzio e Costantino Porfirogenito (65-87).
Luciano Canfora sottolinea la presenza nel testo papiraceo di alcuni emendamenti apportati dai commentatori moderni al frg. 21 e di altri elementi che indicherebbero contaminazioni di epoca successiva a quella di Artemidoro, rafforzando così l'ipotesi che il papiro sia opera di un falsario vissuto alla fine dell'Ottocento (89-94). Le argomentazioni di Canfora sono però confutate puntualmente da Martin West, che ne sottolinea la disonestà dell'argomentazione (95-101).
Il volume si conclude con una ricca serie di riproduzioni in bianco e nero dei frammenti del papiro e di alcuni documenti di confronto (103-163), cui segue la bibliografia (165-171).
Nel complesso, nei saggi contenuti nel volume si confrontano in maniera produttiva idee e opinioni differenti che toccano aspetti, tipologie e metodologie d'indagine assai diversi, offrendo al lettore la possibilità di un approccio ricco e approfondito ad alcune delle questioni aperte dal papiro. Le idee emerse comportano discussioni, aggiustamenti e correzioni delle interpretazioni e delle valutazioni espresse dagli editori del papiro su più di un aspetto: la sequenza dei frammenti, il significato dei disegni, la funzione del papiro e il contesto della sua realizzazione, la datazione del manufatto e del testo, l'attribuzione ad Artemidoro di almeno una parte dei testi, il legame tra carta e testo geografico. La mancanza di risposte univoche fa sì che si aprano ulteriori prospettive di analisi, contribuendo ad arricchire il dibattito scientifico attorno a questo straordinario documento [2].
Note:
[1] C. Gallazzi / B. Kramer / S. Settis (a cura di): Il Papiro di Artemidoro (P.Artemid.), Milano 2008.
[2] Tra le più recenti uscite: B. Bravo: Artemidoro di Efeso geografo e retore. Per la costituzione e l'interpretazione del testo del Papiro di Artemidoro, ZPE 170, 2009, 43-63; L. Canfora: Il viaggio di Artemidoro e avventure di un grande esploratore de l'antichità, Milano 2010; G.B. D'Alessio: On the "Artemidorus" Papyrus, ZPE 171, 2009, 27-43; C. Gallazzi / B. Kramer / S. Settis / A. Soldati (a cura di): Intorno al Papiro di Artemidoro. I. Contesto culturale, lingua, stile e tradizione, Atti del Convegno internazionale del 15 novembre 2008 presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Milano 2010; J. Hammerstaedt: Warum Simonides den Artemidorpapyrus nicht hätte fälschen können: Eine seltene Schreibung für Tausender in Inschriften und Papyri, Chiron 39, 2009, 323-337; R. Kinzelbach: Tierbilder aus dem ersten Jahrhundert. Ein zoologischer Kommentar zum Artemidor-Papyrus, Berlin 2009 [recensione da J. Elsner: http://www.sehepunkte.de/2010/09/17541.html]; F. Pontani: Minima Marcianea, AfP 56, 2010, 45-50; C. Schiano: Artemidoro di Efeso e la scienza del suo tempo, Bari 2010.
Stefano Magnani