Simon Hornblower / Giulia Biffis (eds.): The Returning Hero. Nostoi and Traditions of Mediterranean Settlement, Oxford: Oxford University Press 2018, XVIII + 354 S., 22 s/w-Abb., ISBN 978-0-19-881142-8, GBP 75,00
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Il volume curato da S. Hornblower e G. Biffis riproduce, in forma rielaborata, il contenuto delle relazioni presentate in occasione del Convegno "Nostoi: Traditions about Mediterranean Settlement", tenutosi a Oxford il 6 e 7 maggio 2016 (vii).
L'ampia introduzione di S. Hornblower (1-42) propone una sintesi 'manualistica' sullo sviluppo del genere dei Nostoi, avvalendosi - da un lato - dei contributi confluiti nel volume e prendendo in esame - dall'altro - le occorrenze del termine nostos e dei suoi composti nella letteratura antica.
Le tradizioni recepite dai Nostoi come espressione culturale del periodo dell'etnogenesi ellenica (VIII-VII secolo a.C.) sono al centro dello studio di R. L. Fowler (43-63), il quale mostra come le genealogie e i miti che pretendevano di rappresentare la canonica tripartizione della stirpe greca (Eoli, Dori, Ioni) costituissero i necessari presupposti per l'elaborazione delle leggende sui ritorni degli eroi greci da Troia.
Nel riesaminare il nostos omerico di Odisseo, S. West (65-82) si sofferma sul contenuto di alcune cover stories, attraverso le quali l'eroe informava il suo interlocutore di turno sulle tappe dell'itinerario percorso alla volta di Itaca. Negli accenni alle avventure vissute nel Mediterraneo orientale, West individua le tracce di alternativi Nostoi di Odisseo che, soltanto in parte reperibili nella letteratura antica, sarebbero stati omessi nell'epos omerico a vantaggio delle peregrinazioni occidentali, il cui maggior interesse presso il pubblico sarebbe da ricondurre ai coevi movimenti coloniali nel Mediterraneo centro-occidentale.
Il contributo di I. Malkin (83-104) ricostruisce l'impianto ideologico che soggiace tanto ai racconti sui nostoi eroici, quanto ai movimenti coloniali arcaici. Il ritorno all'oikos può contemplare un'ambiguità del nostos stesso, avvertito - in una dimensione multilaterale - non soltanto come rientro e reintegro nella madrepatria, ma anche come eventuale approdo in un diverso oikos di nuova fondazione. Nell'eroe fondatore e nell'ecista di età storica si sovrappongono tensioni, aspettative ed esperienze che appartengono a quel mondo greco di epoca arcaica, nel quale la letteratura dei Nostoi trovò larga diffusione.
Come mostra lo studio di G. Genovese (105-122), i nostoi di Filottete e di Epeo si configurano, nell'àmbito degli insediamenti ellenici di Magna Grecia, come nuclei di una memoria condivisa che accreditava un'armonica inte(g)razione politico-culturale fra componenti greche e non-greche. Nel prefigurare i movimenti coloniali verso l'Italia meridionale e nell'alludere all'ibridazione culturale tipica delle colonie achee, le versioni letterarie sull'arrivo dei due eroi lasciano riaffiorare modelli di integrazione e di convivenza che trovano puntuale conferma nel dato archeologico.
Il ruolo della donna nei racconti di nostoi è affrontato da T. S. Scheer (122-145), la quale non si limita ad individuare figure femminili coinvolte in storie di ritorni, ma ne esamina anche l'importante funzione nello sviluppo narrativo, proponendo una casistica di episodi nei quali l'azione delle singole eroine risulta determinante ai fini della narrazione mitica. Nell'interrogarsi sulle ragioni che hanno impedito il concepimento di racconti di nostos con protagoniste femminili, Scheer dà opportuno rilievo alla necessaria complementarietà fra dato mitico e ruolo della donna nell'assetto socio-culturale del mondo greco.
La centralità dei personaggi femminili riemerge anche nelle riflessioni di G. Biffis a proposito delle storie di nostoi presenti nella drammaturgia ateniese (147-175). Con esempi tratti specialmente dalle opere di Sofocle ed Euripide, Biffis prende in esame le occorrenze del termine nostos e dei suoi composti, mettendone in rilievo la valenza multidirezionale. Il caso di Ifigenia mostra come il modello narrativo dei nostoi omerici venga recepito e rifunzionalizzato dalla drammaturgia attica non soltanto allo scopo di prefigurare alcuni caratteri fondamentali della società ateniese, ma anche al fine di illustrare il rapporto fra individuo e comunità nell'organizzazione civica locale.
Muovendo da una prospettiva socio-culturale e psicologica, l'indagine di N. J. Lowe rivela come, nelle opere della drammaturgia attica, la descrizione dei luoghi legati all'azione scenica sia spesso occasione per accrescere la tensione narrativa di un racconto di nostos (177-192). Una simile dilatazione è talora ottenuta attraverso il trasferimento delle emozioni dei protagonisti sugli elementi di un paesaggio familiare, il cui ricordo è funzionale a rievocare l'esperienza umana di un singolo e a prefigurare tratti dell'identità collettiva.
Suggestivo è il quadro proposto da R. Lane Fox a proposito di un nucleo di tradizioni macedoni, riconducibili - talora con accezione ampia - al genere dei nostoi (193-212). Accanto a versioni molto antiche sul rientro di contingenti macedoni da Troia, l'indagine si sofferma sui richiami a figure ben note della mitografia greca (Eracle, Dioniso, Perseo, Giasone, etc.) all'interno dei racconti sulle imprese di Alessandro Magno in Oriente. L'elaborazione di tradizioni sull'antico passaggio di dèi ed eroi nelle aree toccate dall'avanzata di Alessandro (che avrebbe inteso suggerire un ideale nostos dei Greci su quegli stessi luoghi) non sarebbe stata finalizzata a conferire legittimità all'occupazione macedone, bensì a rendere familiari agli occhi dei Greci paesaggi lontani non soltanto nello spazio, ma anche per cultura e tradizioni.
Il grado di incidenza della tradizione dei nostoi sulla cultura materiale di area ionico-adriatica è valutato nel contributo di C. Morgan (213-244), la quale propone alcuni interessanti case studies legati tanto al versante italico, quanto al versante illirico-epirota. La casistica considerata, che spazia dall'epigrafia, alla numismatica e all'iconografia vascolare, mostra che le tradizioni dei nostoi rappresentarono senz'altro un elemento di valorizzazione del messaggio scritto o figurativo, ma non giunsero mai a caratterizzarsi come tratto tipico ed esclusivo della material communication.
N. Mac Sweeney (245-265) riesamina le tradizioni sulla contesa fra Mopso e Calcante a Colofone, rilevando come Calcante, dedicatario di un sepolcro monumentale nel territorio della polis ionica, si configuri come eroe civico, nonostante la sua contrapposizione al paladino locale Mopso. Oltre al dato letterario, Mac Sweeney passa in rassegna le emergenze archeologiche nei dintorni di Colofone, indicando alcune possibili localizzazioni della tomba di Calcante e lasciando risalire l'associazione di un segnacolo naturale al sepolcro dell'indovino ad un periodo compreso fra la fine del III e l'inizio del II secolo a.C.
Il contributo conclusivo di N. Purcell (267-286) include il concetto di nostos in un più ampio quadro teorico che abbraccia, in particolar modo, la nozione di 'casa' (home) in ogni sua possibile articolazione semantica. All'interno di un'indagine che propone una casistica diacronicamente molto ampia di 'ritorni', Purcell rimarca il diverso spirito che, di tempo in tempo, ha animato la mobilità umana nel mondo greco-romano, nonché i molteplici fattori che potevano determinare l'allontanamento di un individuo (o di un gruppo di individui) da un luogo o da una comunità, creando le premesse per un successivo rientro.
Chiudono il volume un'ampia bibliografia (287-320), gli indici delle fonti citate (321-336) e un indice generale (337-354).
Claudio Biagetti