Sviatoslav Dmitriev: The Orator Demades. Classical Greece Reimagined Through Rhetoric, Oxford: Oxford University Press 2021, X + 354 S., ISBN 978-0-19-751782-6, GBP 64,00
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Sviatoslav Dmitriev torna sulla complessa figura dell'oratore Demade in una corposa monografia che - rileva l'Autore - 'does not organize the surviving material chronologically. Instead the book is structured thematically around themes of social life, political activities, and educational practices across many centuries after his death' (8-9). Lo studio tiene conto del lavoro per la Brill's New Jacoby che l'Autore ha pubblicato nel 2015, e nel quale ha raccolto, tradotto e commentato, sotto la voce Demades of Athens - FGrHist 227, 142 T e 123 F.
Lo studio si snoda in tre parti, ciascuna organizzata in tre capitoli, ed è chiuso da un'appendice sull'orazione pseudodemadea Sui dodici anni (290-296). La prima parte si sofferma sul 'world of real people' prendendo in considerazione la documentazione sull'oratore; la seconda analizza l'uso della figura di Demade nelle scuole di retorica; la terza cerca di rintracciare la presenza di Demade nella raffigurazione del lontano passato elaborata da fonti di epoca tardo antica e bizantina. L'obiettivo dichiarato, ma comune a tutte le ricerche sul personaggio, è 'to distinguish between the actual person who lived in the fourth century B.C., and the fictional Demades, whose image acquired a life, or lives, of its own after the historical prototype passed away' (7).
Il volume si distingue per la chiarezza espositiva e per l'ampia bibliografia (non solo in inglese) che l'Autore mostra di padroneggiare e saper discutere punto per punto, anche se la dipendenza dalla voce curata per la BNJ appare chiara, come dimostra la riproduzione sistematica - e in molti casi non necessaria - dei testi epigrafici e letterari in traduzione, laddove in alcuni casi sarebbe stato opportuno riassumerli e citarne solo la parte più significativa evitando così di spezzare le argomentazioni. Non c'è dubbio che alla base della monografia vi è un grande lavoro di ricerca. Andando ben al di là del solo Demade, l'Autore ricostruisce i percorsi con i quali alcune notizie sono state elaborate e tramandate, indicando gli elementi da valutare in fonti tarde non sempre attendibili. In tutto il volume è continuo lo sforzo di Dmitriev di mostrare elementi di novità rispetto alla restante e corposa bibliografia esistente. Uno sforzo che si scontra con lo stato frammentario della documentazione, i problemi di autenticità, la datazione estremamente oscillante di alcuni documenti (specie quelli epigrafici). Così l'Autore, da una parte, espone le sue tesi contrapponendole nella maggior parte dei casi a quelle presentate nei restanti studi, dall'altra è indirettamente costretto a mostrarne l'estemporaneità e la fragilità evidenziando le problematiche connesse alla documentazione utilizzata (ad es. 18; 22; 27). La molteplicità di temi e fonti lo porta poi a un ripetitivo e inopportuno rimando nel testo a capitoli (o parti) seguenti o precedenti (ad esempio, alle pagine 35; 40; 95; 251, ecc.); a sottolineare in più occasioni che, dei 280 testi su Demade, 240 provengono da fonti tarde di varia natura (ad es. 36); a richiamare continuamente per il personaggio i tratti di uomo senza cultura, corrotto, privo di valori morali, traditore che fonti tardi gli attribuiscono; a riassumere in diverse parti i temi affrontati nelle scuole di retorica.
Quasi come linea di principio, Dmitriev tende a privilegiare la documentazione epigrafica (16-28) e a svalutare quella letteraria (29-35 ma anche in tutta la restante parte del volume). Emblematico è il caso del F 76 di Iperide che ricorda gli onori concessi da Demade a Euticrate di Olinto reo di aver tradito la propria patria consegnandola a Filippo nel 348. L'Autore ne esclude l'attendibilità sottolineando, in base al confronto con altre tradizioni tarde di carattere retorico che riportano la medesima notizia, che 'its nature as a rhetorical exercise explains the similarities in its renditions by Apsines and Longinus, as well as the differences between their account and the one of Doxopatres' (34). Un confronto in realtà fuorviante se si ritiene come fonte degli autori tardi proprio l'antimacedone Iperide che, probabilmente nel contesto storico del dopo Cheronea, avrebbe potuto, a ragione, accusare Demade di essersi piegato a Filippo. Dunque, se, come rileva Dmitriev, 'no reliable proof exists of Demades moving an honorific decree for Euthycrates, which would have been confirmed Demades's pro-Macedonian stance' (34), direi che non esiste nemmeno prova contraria. Anzi, accettando come autentico il frammento di Iperide, come fa la maggior parte degli studiosi, le conclusioni a cui giungere sarebbero di segno contrario.
Analogo e spesso immotivato scetticismo attraversa tutto il volume. In costante disaccordo con buona parte degli editori, Dmitriev toglie credibilità a gran parte delle notizie su Demade provenienti da fonti tarde e riconducibili alle scuole di retorica. Di questa linea interpretativa costituisce un esempio tra i più significativi il rimprovero di Demade a Filippo dopo la battaglia di Cheronea, di cui danno notizia Diodoro, Sesto Empirico e Stobeo (126-154), notizia destituita di fondamento perché - rileva l'autore - germogliata all'interno delle scuole di retorica. Eppure la notizia figura in uno storico come Diodoro che, come nota Dmitriev (129) e come in tanti hanno evidenziato, l'attingeva da storiografi di IV-III secolo a.C. come Diillo di Atene o Duride di Samo. Vicini agli eventi narrati, entrambi potrebbero aver ricordato un episodio reale successivamente rielaborato in chiave retorica.
Cosa resta di Demade dopo lo studio di Dmitriev? Non molto direi, considerata la propensione dell'Autore a destituire di credibilità la maggior parte delle notizie relative a vita, formazione, produzione scientifica dell'oratore ateniese. Sebbene si tratti di una ricerca accurata e ben condotta, essa, così come è strutturata, appare più utile a comprendere l'organizzazione delle scuole di retorica e l'uso di determinati modelli nella formazione dei pepaudeomenoi, che non il personaggio. La figura dell'oratore infatti risulta penalizzata dalla pregiudiziale secondo la quale una fonte tarda, specie se di natura retorica, non possa contenere (se non in minima parte) notizie attendibili sul personaggio che, nelle conclusioni di Dmitriev, appare solo 'a product of the rich rhetorical culture that flourished in the Greek-speaking areas during the Roman imperial period - which generated most of the know evidence about him - and in later centuries' (285). Perciò, affrancati da ogni critica, i tanti lavori su Demade (da De Falco a Marzi a Brun solo per citarne alcuni) non sembrano aver perso tutta la loro validità, rimanendo ancora centrali nello studio di un uomo dalla natura a tratti sfuggente.
Giuseppe Squillace